Terapia dell’ipersessualità patologica
Matteo Pacini
Istituto di Scienze del Comportamento
“G. De Lisio”, Pisa
Articolo di 4 pagine in formato digitale pdf
I trattamenti dei disturbi della condotta sessuale sono ancora difficilmente valutabili, per alcune caratteristiche dei soggetti studiati e dei parametri di risposta. A fronte di una serie numerosa di case report, pochi sono gli studi su campioni di una certa consistenza, e rari sono gli studi controllati. Inoltre, il problema di fondo è rappresentato dal fatto che alcuni di questi comportamenti costituiscono di per sé dei reati: questo da una parte rende improbabile l’accumulo di dati clinici in campioni spontanei, e limita lo studio a soggetti che hanno riportato condanne o sanzioni, in cui il ruolo della terapia è solitamente quello di vincolo e canale per accedere a condizioni favorevoli. Nella valutazione degli esiti dei trattamenti si ripropone lo stesso problema, e cioè la difficoltà di misurare la riduzione dei parametri comportamentali. Ciononostante, almeno nei casi di ipersessualità conclamata in termini di addiction sessuale, si può assumere che la ripresa dei comportamenti sia visibile e obiettivabile anche in maniera indiretta, così come accade per le addiction classiche. Rimane ancora il problema che l’inquadramento diagnostico non sempre identifica la presenza di addiction o meno, e può focalizzarsi piuttosto sulla qualità parafilica della condotta sessuale. Sono qui passati in rassegna i principali strumenti terapeutici (antiandrogeni, SSRI, naltrexone etc.) alla luce delle questioni sopra indicate.