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Aspetti patogenetici, psicopatologia e normalità nel consumo di sostanze


Dipartimento di Patologia delle Dipendenze “Claude Olievenstein” Asl TO2 Torino

Articolo di 8 pagine in formato pdf

È opinione diffusa che nell’ambito dell’intervento clinico e terapeutico delle patologie da dipendenza l’approccio psicoanalitico abbia mostrato delle carenze relative sia alla capacità di trattenere i pazienti all’interno del proprio specifico setting che agli esiti dei trattamenti stessi. Questo apparente o reale insuccesso contrasta con il fatto che da oltre un secolo la psicoanalisi e le diverse scuole e teorie psicologiche basate su una matrice psicodinamica hanno cercato di analizzare e comprendere il significato dei comportamenti di assunzione o di dipendenza dalle sostanze psicoattive. La dissonanza che si è determinata, e una serrata critica sviluppata negli ambiti della psicologia cognitiva e comportamentale e delle scuole psichiatriche di approccio più spiccatamente pragmatico, hanno condotto ad un parziale abbandono dell’approccio e della tecnica psicodinamica nella clinica delle dipendenze e alla riduzione degli studi e delle ricerche su vasta scala sulla psicogenesi e sui significati delle molteplici modalità di uso delle sostanze psicoattive sulle basi teoriche della psicoanalisi. Lo sviluppo della neurobiologia e di molteplici discipline a questa strettamente connesse e il forte impulso dato alla ricerca per indagare le correlazioni tra i processi neurofisiologici e i comportamenti adattivi o disfunzionali, così come la larga diffusione di un approccio alla tassonomia psichiatrica basata prevalentemente sulla sommatoria di aspetti sintomatici, ha inoltre ridotto l’attenzione e l’importanza dello studio dei processi psicopatogenetici alla base dei quali i comportamenti si strutturano e acquistano rilievo e significato.