Alcuni anni orsono nel British Medical Journal comparve una annotazione su una nuova malattia, il “motivational deficiency disorder”. La condizione, caratterizzata da abulia e diminuito interesse nelle relazioni, apparentemente colpisce un quinto della popolazione australiana; essa può essere diagnosticata con la tomografia ad emissione di positroni e con scale di valutazione. La malattia, grave, per fortuna risulta curabile, grazie alla disponibilità di un farmaco scoperto di recente, l’antagonista dei recettori CB1 indolebant.
Nella letteratura scientifica sono riportati numerosi altri esempi di disease mongering, tendenti a proporre nuove patologie o ad ampliare i limiti di quelle esistenti. Si tratta in genere di condizioni caratterizzate da una base biologica plausibile, spesso collocabili nell’ambito del continuum tra stato di salute e di malattia, che vengono rappresentate come diffuse nella popolazione, gravi, ma soprattutto trattabili con farmaci sicuri ed efficaci. Fra queste rientrano la sindrome dell’intestino irritabile, l’osteoporosi, la disfunzione sessuale femminile, la calvizie.
L’adozione di un trattamento farmacologico è facilmente confinabile all’interno della relazione medico-paziente: da una parte il cittadino/paziente che desidera un intervento che chiarisca e possibilmente risolva il suo stato di malessere; dall’altra il medico che verifica se questo malessere può essere attribuito ad una patologia e se può essere trattato con un farmaco efficace e sicuro.
Tuttavia, la relazione medico-paziente nello specifico dell’attività prescrittiva è condizionata da fattori esterni, che intervengono prevalentemente a monte dell’atto medico. Essi influenzano la focalizzazione della persona sui possibili indicatori di uno stato di malessere, sulla sua attribuzione ad un problema di natura sanitaria, sulle aspettative di cura e sulla fiducia nel medico. Essi influenzano anche le scelte del medico, intervenendo sulle sue conoscenze riguardo alla natura del malessere e al suo inquadramento clinico, riguardo alla disponiblità di farmaci efficaci, al bilanciamento dei benefici ottenibili dal trattamento rispetto ai rischi che esso comporta, riguardo alle valutazioni in termini di costo-beneficio che condizionano la scelta del farmaco. Al confine tra lo stato di salute e quello di malattia, la percezione soggettiva della persona sulla propria salute e quella del medico sul livello di alterazione che giustifica l’uso di un farmaco giocano un ruolo fondamentale.
Uno dei fattori capaci di interferire prepotentemente con l’atto prescrittivo, individuato negli ultimi anni e discusso nella letteratura medico-scientifica e di interesse sociosanitario, è, appunto, il disease mongering. Esso ha a che fare con i principi di natura economica che regolano il commercio dei farmaci e tende per sua natura ad estendersi ai vari ambiti della salute, passando per diversi canali utili a condizionare le aspettative e le scelte di medici e pazienti che possono implicare il coinvolgimento degli opinion leader della ricerca scientifica e clinica, gli organi di informazione medico-scientifica, i mass media e gli organi di informazione di massa.
Nel campo delle dipendenze, il disease mongering non è particolarmente noto. Tuttavia, considerando il continuum esistente tra normalità e patologia, tanto nella dipendenza da sostanze che nelle dipendenze comportamentali (sesso, gioco, etc.), nonché la carica emotiva e spesso ideologica che caratterizza l’approccio a queste condizioni, il suo peso è destinato ad aumentare. D’altra parte il campo delle dipendenze è storicamente allenato alla periodica e ripetuta propaganda di interventi salvifici e miracolistici o comunque sostenuti dalla veemenza, eloquenza, esperienza, ma non dalla evidenza di efficacia.
La dimostrata efficacia e sicurezza costituiscono la migliore garanzia per la validità di un intervento sanitario, sia esso preventivo, diagnostico o terapeutico. In Italia abbiamo la fortuna di ospitare la base editoriale della Cochrane Collaboration per l’ambito droghe e alcol, organizzazione che ha come obiettivo la produzione di revisioni scientifiche sull’efficacia degli interventi condotte secondo una metodologia rigorosa che persegue la sistematicità e la validità. Periodicamente presentiamo ai nostri lettori lo stato dell’arte sulle revisioni Cochrane. In questo numero abbiamo raccolto la sintesi delle revisioni aggiornate al luglio del corrente anno.