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Per un gioco responsabile davvero responsabile

Da oltre un decennio la formuletta del “gioco responsabile” nella sua declinazione italiana è diventata la foglia di fico dell’industria italiana del gioco d’azzardo per nascondere “le vergogne” di un sistema che di responsabile ha ben poco, come ben evidenziato da molti dei contributi di questo fascicolo. Un po’ come la giaculatoria “autminric” recitata sbrigativamente al termine dei messaggi pubblicitari dei prodotti farmaceutici, le avvertenze “gioca senza esagerare”, “il gioco in denaro può creare dipendenza” o “gioca responsabilmente” suonano come uno “stai attento!” detto ad un bambino, dopo avergli messo in mano una bottiglia stappata contenente incolore soda caustica. Ed è un gran peccato perché il “gioco responsabile” − dal momento che non sono evidentemente ipotizzabili (e auspicabili) scenari di proibizionismo negazionista − è una cosa seria, un modello descritto e argomentato dai maggiori studiosi del gambling a livello mondiale; studiare, progettare e applicare sistemi complessi di erogazione del gioco in denaro che puntino ad una mediazione, a trovare un baricentro praticabile, tra interessi (legittimi ed espliciti) e responsabilità (effettive e misurabili) di tutti i differenti portatori di interesse; i giocatori in primis che hanno interesse a praticare il gioco senza essere ingannati e depredati e che sono responsabili nei confronti della propria salute e della propria famiglia; l’industria, in tutte le sue componenti di filiera, che ha un legittimo interesse ad un onesto profitto ma che ha l’enorme responsabilità di maneggiare con cura un prodotto additivo e il dovere della massima trasparenza, operando su concessione dello Stato (e il mandato politico di farlo in una cornice etica); lo Stato stesso che, giustamente legalizzando un prodotto pericoloso, ne regola consapevolmente e rigorosamente l’accesso e non ne incentiva sciaguratamente il consumo; la società civile che ha il diritto/dovere di vigilare; le comunità locali che definiscono il come, il quando e anche il quanto il gioco vada venduto per difendere coesione sociale, salute e sistema educativo; il sistema sociale e sanitario che ha interesse ad essere dotato delle risorse necessarie per prevenire e curare e responsabilità nel farlo al meglio (e anche nel lavoro di advocacy e di denuncia di cosa non funziona); le forze dell’ordine, la magistratura e i mezzi di comunicazione di massa. Tutti ingredienti che mancano in Italia o che sono presenti come risibili surrogati; i giocatori non sono informati e sono iniquamente impoveriti (si pensi ai giocatori di slot o VLT, 1-2 milioni di poveracci che tirano fuori mediamente tra i 20 e i 30.000 euro all’anno per giocare, spesso più del proprio reddito, quando c’è....); un’industria “cinica e bara” che nega o minimizza gli evidenti danni del gioco d’azzardo sregolato; uno Stato palesemente alleato con essa, che si accontenta ufficialmente di poche briciole (poco più del 10% del giocato finisce nelle tasche dell’erario), forse anche per nascondere e favorire diverse e maggiori convenienze per la politica, attraverso canali meno espliciti; le amministrazioni locali che per lo più girano la faccia dall’altra parte (nulla hanno fatto, per citare le maggiori, le città di Roma, Torino, Firenze, Bari, Palermo sotto amministrazioni di differente colore ....) e quando provano a porre degli argini spesso si trovano contro proprio l’amministrazione centrale dello Stato; i media che continuano a rappresentare il fenomeno in larga misura in modo distorto, enfatizzando le “vincite” e minimizzando le perdite (con alcune lodevoli eccezioni come quella costituita, nel panorama dei quotidiani, da “Avvenire”). Il Presidente del Consiglio Renzi, che tanto aveva tuonato nell’autunno del 2014 contro la “porcata” di chi aveva tentato in Parlamento un blitz notturno (democraticamente bipartisan) per introdurre norme finanziarie punitive nei confronti dei Comuni che avessero regolamentato in modo stringente sul gioco, ha istituito con la Legge di Stabilità 2015 un Fondo di 50 milioni di euro (quel che gli italiani gettano negli apparecchi automatici di gioco in meno di mezza giornata e quel che lo Stato ricava dal gioco d’azzardo in due giorni) per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d’azzardo (comma 133, legge 23 dicembre 2014 n. 190); il Fondo è stato confermato nella Legge di Stabilità 2016 ma, a distanza di oltre un anno dalla prima norma, di tale Fondo non è stato distribuito un solo centesimo. Come se non bastasse con la Legge di Stabilità 2016 è stato aumentato, su iniziativa governativa, il prelievo fiscale di quattro punti percentuali sulle new slot e di mezzo punto sulle VLT. Oltre un miliardo in più rispetto a prima, interamente tolto dalle tasche dei giocatori già più depredati, tra i quali oltre l’80% di quelli patologici. Occorre cambiare radicalmente la rotta. I passi preliminari per arrivare anche in Italia ad una reale politica di gioco responsabile potrebbero essere sintetizzati nei seguenti tredici punti: 1) una moratoria pluriennale nell’offerta dei nuovi giochi; 2) una campagna mediatica nazionale sul valore del limite, con claim che richiamino non in modo generico e farisaicamente predicatorio al “non esagerare” o alla “responsabilità”, ma in modo più specifico all’esigenza di ragionare sull’esposizione al rischio di compromettere aspetti importanti o addirittura vitali della propria esistenza; “vincere è bello, ma pareggiare … è meglio che perdere”; 3) il divieto di installazione e rimozione dei dispositivi installati che eroghino prodotti di gioco in denaro con modalità e/o in luoghi aperti o chiusi con/nei quali non sia possibile l’accertamento della maggiore età del giocatore; 4) una campagna nazionale school based, diffusa su tutto il territorio nazionale, di limitazione dei rischi connessi al gioco in età pre-adolescenziale e adolescenziale con la metodica della peer education (educazione tra pari); 5) l’introduzione curricolare nei programmi di studio della scuola dell’obbligo (IIIa media inferiore) di elementi di statistica e probabilità del gioco; 6) la definitiva inclusione del disturbo da gioco d’azzardo nei LEA (livelli essenziali di assistenza); 7) l’erogazione alle Regioni, per effettive attività di prevenzione, cura e riabilitazione delle persone con disturbo da gioco d’azzardo, del Fondo di cui alle Leggi di Stabilità 2015 e 2016; e il suo progressivo aumento sino alla quota del tre per mille del pay out di tutti i giochi (180 milioni circa); 8) la costituzione di un Fondo sociale per le famiglie dei soggetti affetti da gioco patologico; 9) la progressiva abolizione degli apparecchi automatici di gioco, con un periodo intervallare di confinamento in luoghi dedicati al solo gioco d’azzardo (sale giochi, Casinò, Bingo) (non esiste il gioco moderato con slot e VLT se la media del giocato annuo da parte di un singolo giocatore è superiore ai 20.000 euro …); 10) il divieto totale della pubblicità, anche di quella occulta, come per il fumo; 11) l’abolizione dei programmi TV che inneggiano al gioco in denaro come soluzione dei problemi della vita; 12) la previsione esplicita attraverso norma primaria del potere delle amministrazioni locali in tema di disciplina del commercio di prodotti di gioco; 13) una moratoria periodica di tutti i giochi in denaro nei periodi sensibili per le fasce fragili della popolazione, a iniziare dalla chiusura della commercializzazione del gioco in denaro nel giorno di pagamento delle pensioni, il primo giorno lavorativo del mese: “Oggi non si gioca!”. È molto, ma in nessun altro ambito della società civile vale come in questo l’ormai vecchio slogan apparso sui muri della Sorbona nel maggio 1968, tratto dal Caligola di Albert Camus, “Soyez réalistes, demandez l’impossible!” (Siate realisti, chiedete l’impossibile!).