Per un gioco responsabile davvero responsabile
Paolo Jarre
Da oltre un decennio la formuletta del “gioco responsabile”
nella sua declinazione italiana è diventata
la foglia di fico dell’industria italiana del gioco
d’azzardo per nascondere “le vergogne” di un sistema
che di responsabile ha ben poco, come ben
evidenziato da molti dei contributi di questo fascicolo.
Un po’ come la giaculatoria “autminric” recitata
sbrigativamente al termine dei messaggi pubblicitari
dei prodotti farmaceutici, le avvertenze “gioca senza
esagerare”, “il gioco in denaro può creare dipendenza”
o “gioca responsabilmente” suonano come uno
“stai attento!” detto ad un bambino, dopo avergli
messo in mano una bottiglia stappata contenente
incolore soda caustica.
Ed è un gran peccato perché il “gioco responsabile”
− dal momento che non sono evidentemente
ipotizzabili (e auspicabili) scenari di proibizionismo
negazionista − è una cosa seria, un modello descritto
e argomentato dai maggiori studiosi del gambling
a livello mondiale; studiare, progettare e applicare
sistemi complessi di erogazione del gioco in denaro
che puntino ad una mediazione, a trovare un baricentro
praticabile, tra interessi (legittimi ed espliciti)
e responsabilità (effettive e misurabili) di tutti i
differenti portatori di interesse; i giocatori in primis
che hanno interesse a praticare il gioco senza essere
ingannati e depredati e che sono responsabili nei
confronti della propria salute e della propria famiglia;
l’industria, in tutte le sue componenti di filiera,
che ha un legittimo interesse ad un onesto profitto
ma che ha l’enorme responsabilità di maneggiare
con cura un prodotto additivo e il dovere della massima
trasparenza, operando su concessione dello
Stato (e il mandato politico di farlo in una cornice
etica); lo Stato stesso che, giustamente legalizzando
un prodotto pericoloso, ne regola consapevolmente
e rigorosamente l’accesso e non ne incentiva sciaguratamente
il consumo; la società civile che ha il
diritto/dovere di vigilare; le comunità locali che definiscono
il come, il quando e anche il quanto il gioco
vada venduto per difendere coesione sociale, salute
e sistema educativo; il sistema sociale e sanitario
che ha interesse ad essere dotato delle risorse necessarie
per prevenire e curare e responsabilità nel
farlo al meglio (e anche nel lavoro di advocacy e di
denuncia di cosa non funziona); le forze dell’ordine,
la magistratura e i mezzi di comunicazione di massa.
Tutti ingredienti che mancano in Italia o che sono
presenti come risibili surrogati; i giocatori non sono
informati e sono iniquamente impoveriti (si pensi ai
giocatori di slot o VLT, 1-2 milioni di poveracci che
tirano fuori mediamente tra i 20 e i 30.000 euro
all’anno per giocare, spesso più del proprio reddito,
quando c’è....); un’industria “cinica e bara” che nega
o minimizza gli evidenti danni del gioco d’azzardo
sregolato; uno Stato palesemente alleato con essa,
che si accontenta ufficialmente di poche briciole
(poco più del 10% del giocato finisce nelle tasche
dell’erario), forse anche per nascondere e favorire
diverse e maggiori convenienze per la politica, attraverso
canali meno espliciti; le amministrazioni
locali che per lo più girano la faccia dall’altra parte
(nulla hanno fatto, per citare le maggiori, le città di
Roma, Torino, Firenze, Bari, Palermo sotto amministrazioni
di differente colore ....) e quando provano
a porre degli argini spesso si trovano contro proprio
l’amministrazione centrale dello Stato; i media che
continuano a rappresentare il fenomeno in larga
misura in modo distorto, enfatizzando le “vincite”
e minimizzando le perdite (con alcune lodevoli eccezioni
come quella costituita, nel panorama dei
quotidiani, da “Avvenire”).
Il Presidente del Consiglio Renzi, che tanto aveva
tuonato nell’autunno del 2014 contro la “porcata”
di chi aveva tentato in Parlamento un blitz notturno
(democraticamente bipartisan) per introdurre
norme finanziarie punitive nei confronti dei Comuni
che avessero regolamentato in modo stringente sul
gioco, ha istituito con la Legge di Stabilità 2015 un
Fondo di 50 milioni di euro (quel che gli italiani gettano
negli apparecchi automatici di gioco in meno di
mezza giornata e quel che lo Stato ricava dal gioco
d’azzardo in due giorni) per la prevenzione, la cura
e la riabilitazione delle patologie connesse alla dipendenza
da gioco d’azzardo (comma 133, legge
23 dicembre 2014 n. 190); il Fondo è stato confermato
nella Legge di Stabilità 2016 ma, a distanza
di oltre un anno dalla prima norma, di tale Fondo
non è stato distribuito un solo centesimo. Come se
non bastasse con la Legge di Stabilità 2016 è stato
aumentato, su iniziativa governativa, il prelievo fiscale
di quattro punti percentuali sulle new slot e
di mezzo punto sulle VLT. Oltre un miliardo in più
rispetto a prima, interamente tolto dalle tasche dei
giocatori già più depredati, tra i quali oltre l’80% di
quelli patologici.
Occorre cambiare radicalmente la rotta. I passi
preliminari per arrivare anche in Italia ad una reale
politica di gioco responsabile potrebbero essere
sintetizzati nei seguenti tredici punti:
1) una moratoria pluriennale nell’offerta dei nuovi
giochi;
2) una campagna mediatica nazionale sul valore del
limite, con claim che richiamino non in modo generico
e farisaicamente predicatorio al “non esagerare”
o alla “responsabilità”, ma in modo più specifico
all’esigenza di ragionare sull’esposizione al rischio
di compromettere aspetti importanti o addirittura
vitali della propria esistenza; “vincere è bello, ma
pareggiare … è meglio che perdere”;
3) il divieto di installazione e rimozione dei dispositivi
installati che eroghino prodotti di gioco in denaro
con modalità e/o in luoghi aperti o chiusi con/nei
quali non sia possibile l’accertamento della maggiore
età del giocatore;
4) una campagna nazionale school based, diffusa su
tutto il territorio nazionale, di limitazione dei rischi
connessi al gioco in età pre-adolescenziale e adolescenziale
con la metodica della peer education
(educazione tra pari);
5) l’introduzione curricolare nei programmi di studio
della scuola dell’obbligo (IIIa media inferiore) di
elementi di statistica e probabilità del gioco;
6) la definitiva inclusione del disturbo da gioco d’azzardo
nei LEA (livelli essenziali di assistenza);
7) l’erogazione alle Regioni, per effettive attività di
prevenzione, cura e riabilitazione delle persone con
disturbo da gioco d’azzardo, del Fondo di cui alle
Leggi di Stabilità 2015 e 2016; e il suo progressivo
aumento sino alla quota del tre per mille del pay
out di tutti i giochi (180 milioni circa);
8) la costituzione di un Fondo sociale per le famiglie
dei soggetti affetti da gioco patologico;
9) la progressiva abolizione degli apparecchi automatici
di gioco, con un periodo intervallare di confinamento
in luoghi dedicati al solo gioco d’azzardo
(sale giochi, Casinò, Bingo) (non esiste il gioco
moderato con slot e VLT se la media del giocato
annuo da parte di un singolo giocatore è superiore
ai 20.000 euro …);
10) il divieto totale della pubblicità, anche di quella
occulta, come per il fumo;
11) l’abolizione dei programmi TV che inneggiano al
gioco in denaro come soluzione dei problemi della
vita;
12) la previsione esplicita attraverso norma primaria
del potere delle amministrazioni locali in tema di
disciplina del commercio di prodotti di gioco;
13) una moratoria periodica di tutti i giochi in denaro
nei periodi sensibili per le fasce fragili della popolazione,
a iniziare dalla chiusura della commercializzazione
del gioco in denaro nel giorno di pagamento
delle pensioni, il primo giorno lavorativo del mese:
“Oggi non si gioca!”.
È molto, ma in nessun altro ambito della società
civile vale come in questo l’ormai vecchio slogan
apparso sui muri della Sorbona nel maggio
1968, tratto dal Caligola di Albert Camus, “Soyez
réalistes, demandez l’impossible!” (Siate realisti,
chiedete l’impossibile!).