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La dipendenza affettiva: stato dell’arte


Scuola di Specializzazione in Psichiatria Università di Pisa

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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Sezione di Psichiatria

Articolo di 4 pagine in formato pdf
Per decenni il termine “dipendenza” è stato associato al concetto di “sostanza”. I sistemi nosografici internazionali presentavano elenchi di sostanze dotate di potere d’abuso o dipendenza, con quadri psicopatologici tipici, caratterizzati da sintomi di intossicazione, di astinenza e di craving. Progressivamente gli studi biologici ne hanno individuato alcune basi molecolari, i neurotrasmettitori coinvolti, in particolare, la dopamina e gli oppioidi endogeni, nonché i circuiti cerebrali, soprattutto il cosiddetto “circuito della ricompensa” (reward system). Successivamente è emerso che alcuni “comportamenti patologici” presentavano a livello clinico proprietà simili alla sintomatologia delle dipendenze da sostanze. Negli ultimi anni, la ricerca ha dimostrato che tali comportamenti patologici condividono molte strutture e circuiti cerebrali delle dipendenze da sostanze tra cui le alterazioni del funzionamento del circuito dopaminergico mesolimbico, la riduzione dei recettori dopaminergici di tipo D2, la presenza di anomalie corticali orbitofrontali e del cingolo, la presenza di varianti genetiche del recettore per i cannabinoidi CB1, l’up-regulation del gene BDNF e le alterazioni dell’attività della leptina (Goodman, 2008).