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I determinanti sociali nell’uso di sostanze

Per anni il dibattito politico e sociale attorno al problema delle dipendenze è stato dominato dal tema degli effetti sociali dell’uso individuale di droghe, e scelte politiche e terapeutiche sono state spesso dettate dalla percepita urgenza di proteggere la società da tali effetti, più che dall’obiettivo di tutelare la salute degli utilizzatori. Minore attenzione ha riscosso la speculare questione degli effetti del contesto sociale (legislativo, economico e culturale) sull’uso individuale di droghe, se non nei termini di una generica associazione tra l’incremento delle problematiche di abuso e la vera o presunta degenerazione morale delle società contemporanee, che periodicamente occupa le pagine della stampa e i palinsesti televisivi. Solo in tempi recenti il tema è stato analizzato con un approccio più scientifico. In linea con ciò che sta avvenendo in altri settori, anche nelle dipendenze si sono fatti spazio modelli esplicativi ecologici, in cui le modalità d’uso, l’insorgenza o meno di problemi correlati per l’individuo e/o per la collettività, e la stessa prognosi del disturbo da dipendenza, sono interpretati come il risultato della complessa interazione tra individuo e ambiente lungo l’intero corso della vita, piuttosto che semplicemente il frutto dell’infelice incontro tra le caratteristiche individuali (genetiche, biologiche, psicologiche) e la farmacologia delle singole sostanze. Questo numero di Medicina delle Dipendenze si propone di dar conto di alcuni degli elementi chiave che emergono da questa crescente massa di ricerca. In particolare si focalizza sui fattori micro- e macro-sociali che influenzano, negli individui e nelle popolazioni, l’uso di droghe e i suoi correlati patologici: quanto, e come, le strutture e i processi sociali influenzano la possibilità che un individuo assuma una sostanza o ne diventi dipendente? In che modo i sintomi iniziali, la progressione e la prognosi dei disturbi da uso di sostanze sono influenzati dall’ambiente prossimo in cui le persone vivono o dal più generale contesto socioeconomico? Quali implicazioni questi aspetti hanno per la prevenzione e il trattamento dei problemi legati all’uso di sostanze? Il contributo di Galea et al., che apre la rassegna, offre un quadro generale di riferimento, sintetizzando i risultati dei principali studi epidemiologici che hanno analizzato i legami tra fattori sociali e i vari stadi dell’uso di sostanze, dall’iniziazione, all’uso, alla cessazione, sino all’astinenza protratta o alla ricaduta. L’elencazione degli specifici fattori che appaiono associati a ciascuna di tali fasi è accompagnata da una nota metodologica che pone l’accento su punti di forza e limiti dell’attuale ricerca. I legami tra etnia, cultura e modalità d’uso di sostanze, e le loro implicazioni per la prevenzione, costituiscono il tema del contributo di Vincenzo Manna. Un argomento di stringente attualità nella società italiana, sempre più multietnica e multiculturale e urgentemente alla ricerca di una pratica clinica capace di farsi carico degli aspetti legati alla cultura di riferimento dei pazienti, piuttosto che ignorarli o subirli. Il successivo articolo di Siliquini e Ferrara analizza la complessa relazione tra consumo/abuso di sostanze e lavoro. Esso offre una accurata analisi delle più significative evidenze riguardo alla diffusione del consumo di sostanze nei vari ambiti lavorativi e alle specifiche condizioni che appaiono maggiormente associate all’uso e alle sue modalità. La review attinge ampiamente dalla letteratura internazionale, ma la puntuale citazione dei (pochi) lavori in ambito italiano permette di contestualizzare i concetti alla nostra realtà. La specificità della situazione nazionale è il focus principale dello stimolante contributo di Beccaria et al. su modalità e significati del processo di socializzazione alcolica. L’articolo discute i risultati di alcune ricerche italiane che indicano come la precoce iniziazione all’alcol degli adolescenti, quando avviene in ambito familiare e secondo le modalità tipiche della cultura mediterranea, possa costituire un fattore protettivo, piuttosto che di rischio, rispetto a future inappropriate modalità di consumo. L’interpretazione di tali evidenze, in aperta contraddizione con quanto consistentemente emerge dagli studi nel contesto anglosassone e nordeuropeo, mette in luce l’importanza dei fattori socioculturali nel modellare i comportamenti umani, e la conseguente necessità di tenerne conto quando si indagano fenomeni complessi quali l’abuso di sostanze. L’interpretazione delle osservazioni comportamentali ed epidemiologiche in un’ottica medico-biologica è il tema della vasta review di Stefano Murgia: quali sono i meccanismi che consentono a fattori esogeni, e apparentemente remoti, come le strutture economico- sociali o l’appartenenza culturale, di influire su aspetti puramente fisiologici, quali la risposta individuale a farmaci e droghe? Un territorio vasto e ancora largamente inesplorato - quello dell’“embodiment” delle strutture sociali - per il quale l’articolo offre una sorta di mappa di riferimento, utile sia per orientarsi tra le evidenze acquisite, sia per esplorare le basi delle linee di ricerca più nuove. Il contributo che chiude il numero affronta il tema delle implicazioni pratiche, nell’ambito della prevenzione e del trattamento dei disturbi da uso di sostanze, della crescente massa di conoscenza di cui i precedenti interventi hanno abbozzato contorni e prospettive. Non è ambizione di questa monografia quella di coprire in modo esaustivo il vasto tema dei determinanti sociali dell’uso di sostanze. Né, tantomeno, quella di proporre contrapposizioni tra approcci “sociali” e “biomedici” alla comprensione, prevenzione e trattamento dei problemi ad esso legati. Al contrario, e più modestamente, il suo scopo è quello di stimolare una riflessione critica, creativa e sempre più libera da artificiali confini tra discipline sulle cause e le necessarie risposte ai problemi correlati all’uso di sostanze nelle nostre società.
Annibale Cois

 

 

Icro Maremmani, attuale presidente della SITD e della World Federation for the Treatment of Opioid Dependence (WFTOD), è stato nominato nella Commissione sulla Doppia Diagnosi della Società Mondiale di Psichiatria (WPA). Ci congratuliamo con lui per il prestigioso riconoscimento e ci rallegriamo per l’importante opportunità offerta in tal modo al nostro campo di intervento. Gli altri componenti della commissione sono: Nestor Szerman (Spagna), Presidente; Nady el-Guebaly (Canada), Vicepresidente; Javier Didia Attas (Argentina), Segretario; Tarek Asaad (Egitto); Marc Auriacombe (Francia); Miguel Casas (Spagna); Michael Farrell (Australia); Gabriele Fischer (Austria); Alan I. Green (USA); Arturo Lerner (Israele); Leo Sher (USA); Jose Martinez Raga (Spagna); Mehdi Paes (Marocco); Rafael Navarro Cuevas (Perù); Carlos Roncero (Spagna); Pedro Ruiz (USA); Wim Van Der Brink (Olanda); Elvia Velasquez (Colombia); Roger D. Weiss (USA); Robert West (UK).