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Dimensioni cognitive del craving


Area Neuroscienze e Laboratorio Interdisciplinare Settore di Neuroetica Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) Trieste

Articolo di 7 pagine in formato pdf
Il concetto di craving è stato da sempre una categoria centrale nello studio e nella clinica delle dipendenze. E l’idea di craving rappresenta uno dei perni definitori del modello di dipendenza come malattia sin dalla prima organica formulazione di questa prospettiva, quella avanzata da Elvin Morton Jellinek. In essa il craving veniva considerato il determinante della perdita del controllo volontario del comportamento d’uso della sostanza. Tuttavia, a dispetto di questa rilevanza, il concetto di craving continua a restare assai dibattuto e rappresentato da una pluralità di posizioni teoriche molto diverse, talora inconcialibili. Le controversie teoriche sul concetto di craving dipendono peraltro in larga parte dalla natura sfocata e imprecisa del termine. Craving è infatti una parola d’uso comune nella lingua inglese e viene usato per descrivere un desiderio intenso, urgente, anormale ed è sinonimo di appetito, brama, impulso incontrollabile. L’innesto nel lessico scientifico di termini presi in prestito dal linguaggio naturale e per giunta riferiti alla sfuggente dimensione del vissuto soggettivo non può che determinare confusione e ambiguità.