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Dolore cronico e dipendenza da oppiacei nell’anziano


Divisione di Psichiatria Dipartimento di Medicina e Chirurgia Università dell’Insubria Gruppo di Ricerca “VP Dole” Istituto di Scienze del Comportamento “De Lisio” Pisa Saint Camillus International University of Health Sciences Roma

Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze Patologiche Forlì-Cesena

Dipartimento di Psichiatria e Dipendenze Patologiche Unità Sanitaria Locale Nord Occidentale della Toscana SerD, Sezione di Massa-Carrara

Gruppo di Ricerca “VP Dole” Istituto di Scienze del Comportamento “De Lisio” Pisa Saint Camillus International University of Health Sciences Roma

Articolo di 12 pagine in formato digitale pdf
Sebbene il dolore rappresenti un meccanismo fisiologico fondamentale per la sopravvivenza, la sua transizione da evento acuto a condizione cronica costituisce una sfida clinica e sociale di crescente rilevanza. Mentre il dolore acuto funge da segnale d’allarme per un danno tissutale, il dolore cronico si caratterizza per la sua persistenza oltre il normale tempo di guarigione, perdendo la sua funzione protettiva e assumendo le caratteristiche di una vera e propria patologia. Secondo la classificazione ICD- 11, il dolore cronico è definito come un dolore persistente o ricorrente che dura per più di 3 mesi. La complessità del dolore cronico è ulteriormente accentuata dalla molteplicità delle sue cause, che spaziano da patologie infiammatorie e degenerative a traumi, neoplasie e disfunzioni del sistema nervoso. Il soggetto anziano è per definizione una figura fragile che spesso presenta polimorbilità e assume terapie farmacologiche composite. Nel corso dell’invecchiamento inoltre avvengano cambiamenti fisiologici che influenzano la farmacocinetica e la farmacodinamica dei farmaci, rendendo la terapia analgesica più complessa e aumentando il rischio di effetti collaterali. Con l’avanzare dell’età, si verificano alterazioni nell’assorbimento, nella distribuzione, nel metabolismo ed eliminazione dei farmaci, che possono portare a una maggiore variabilità nella risposta terapeutica e a un aumentato rischio di accumulo e tossicità.