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Cannabinoidi sintetici 2.0: ecco cosa si cela all’interno delle spice drugs


Dipartimento di Scienze Biomediche Sezione di Neuropsicofarmacologia, Università degli studi di Cagliari

Dipartimento di Scienze Biomediche Sezione di Neuropsicofarmacologia, Università degli studi di Cagliari

SerT Latisana (UD) University of Herthforshire

Dipartimento di Scienze Biomediche Sezione di Neuropsicofarmacologia, Università degli studi di Cagliari

Articolo di 6 pagine in formato pdf
Secondo l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite sul consumo di droga (2014), i cannabinoidi sintetici (CS) rappresentano il 39% delle nuove sostanze psicoattive (NPS) disponibili sul mercato globale come “legal highs” cioè sostitute delle droghe controllate. Nell’ultimo decennio un gran numero di miscele a base di erbe sono state commercializzate come alternativa legale alla marijuana. Questi prodotti, conosciuti come spice, in Europa, o K2, negli Stati Uniti, sono venduti con nomi differenti (Spice Gold, nJoy, Blaze, Black Mamba, etc.) negli smart shop e attraverso Internet. Generalmente sono confezionati in bustine con scritto “non per uso umano” e spesso pubblicizzati ingannevolmente come incensi, pot-pourri per meditazione o deodoranti per ambienti. Questo è un modo efficace, così come avviene per altre NPS, per eludere i controlli delle Autorità e abbattere le frontiere tra Paesi, espandendone il commercio. I principali fattori che ne hanno determinato il successo sono: gli effetti psicoattivi, la diffusione attraverso Internet, il costo modico (27-36 euro per una bustina pari a 9-12 euro/grammo di miscela), la continua evoluzione della loro composizione chimica, una scarsa percezione del rischio legato al loro uso e il mancato riconoscimento di queste sostanze nei test tossicologici di screening.