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La proibizione morale. Considerazioni sulla legalizzazione delle c.d. “droghe leggere”


Università di Bergamo

Articolo di 7 pagine in formato pdf

Quando nel linguaggio corrente si dice che “la droga è proibita”, si afferma qualcosa di molto impreciso. Prima di tutto, perché è impreciso il termine “droga”, perché si riferisce a numerose sostanze, molto diverse l’una dall’altra per composizione, modalità di consumo tipico ed effetti sull’organismo. In secondo luogo, perché l’espressione non ci dice in che cosa consiste la proibizione, cioè a quali attività si riferisca. La proibizione, infatti, può riguardare l’uso, la detenzione, il commercio, il dono o la fabbricazione di stupefacenti (singolarmente o tutte insieme). Di solito, quando la proibizione colpisce l’uso (il consumo di droghe), sono proibite anche tutte le altre attività collegate (fabbricazione, commercio, dono, detenzione). D’altra parte, non è raro che gli ordinamenti giuridici non proibiscano il consumo di stupefacenti ma ne proibiscano la detenzione, la fabbricazione, il commercio o il dono. L’obiettivo del legislatore è sempre quello di colpire il consumo, tuttavia le modalità con le quali si intende raggiungerlo sono diverse: quando è proibito l’uso, si parla di “proibizione diretta”, quando l’uso è lecito ma sono proibite le attività normalmente collegate a esso si parla di “proibizione indiretta”.