La storia ci insegna che nelle scelte normative riguardanti le sostanze d’abuso non si è necessariamente andati per il sottile: se può essere utile eliminare il drogato assieme alla droga lo si fa. A tutt’oggi esistono realtà mondiali che prevedono la pena di morte per l’uso delle sostanze considerate illecite. In numerose nazioni le sanzioni per il possesso delle stesse sostanze prevedono la carcerazione. Marie Nyswander, che nel 1955 lavorava come medico psicoanalista in una struttura carceraria, ricorda: “L’anno a Lexington fu il più duro della mia vita. La prigione è una cosa terribile. Se tu hai una personalità che ti porta a preoccuparti per gli altri, lavorare in carcere ti fa semplicemente esplodere di rabbia e frustrazione. Ciò che emerge in carcere è una sorta di personalità burocratica, che trae linfa dall’avere uomini che lavorano per te, dal portare un mazzo di chiavi, dal rivolgersi alle persone aspramente, dall’essere autocrati ed egoisti”. “Io stavo nel reparto infermeria… l’ambiente era scrupolosamente indottrinato sul fatto che i tossicomani fossero la più bassa forma di creatura esistente…posseduti da una sorta di piacere maniacale e selvaggio che il resto di noi non conosceva e per il quale dovevano essere puniti”. Chi ha lavorato con persone con problemi di dipendenza in carcere anche in tempi più recenti non avrà difficoltà a riconoscere, o anche a riconoscersi, in questi crudeli approcci pregiudiziali. La Nyswander mette a frutto l’esperienza di Lexington. L’anno seguente scrive un libro, The drug addict as a patient, che di fatto dà il via al lavoro con Vincent Dole, che ha poi portato alla scoperta dell’efficacia del metadone per la cura degli eroinomani. Nel libro la Nyswander propone una prospettiva ben diversa da quella punitiva: l’intervento umano, nello specifico sanitario, per una ‘persona’. Un esempio più recente di approccio punitivo adottato per ‘proteggere’ la società anche nei confronti delle terapie per la tossicodipendenza è quello della legislazione italiana, che per lungo tempo ha ostacolato l’utilizzo del metadone arrivando, nel 1991, a vietarne per decreto la consegna a domicilio. Le ricadute sulla condizione di vita delle persone in cura erano state pesantissime: costrette a scegliere tra presentarsi tutti i giorni ad un SerT per assumere il farmaco o abbandonare un trattamento che aveva consentito di svolgere con dignità un lavoro o altre attività per riprecipitare per lo più nella dipendenza dall’eroina. Questo numero di Medicina delle Dipendenze vuole fornire un contributo esperto al dibattito in corso sulla legalizzazione della cannabis. Ci siamo occupati frequentemente di questa sostanza, dal punto di vista epidemiologico, neurobiologico e clinico. Abbiamo anche affrontato ripetutamente il tema delle persone che finiscono in carcere a causa del suo uso e quello della legalizzazione, ospitando posizioni e opinioni fondate su solidi background culturali e scientifici. Tuttavia, le tendenze in corso nel mondo occidentale e in particolare le recenti scelte normative di grandi nazioni ci hanno indotto a riprendere il tema. Al riguardo si può affermare che sono state accompagnate da un dibattito tendenzialmente meno ideologico e più pragmatico, attento sia ai danni per la salute che alla cura e al rispetto delle persone e delle scelte individuali, ma attento anche alle scelte di salute pubblica che meglio possono consentire di governare l’impatto della legalizzazione sulla sanità, sull’economia, sui comportamenti illeciti delle persone e dei sistemi organizzati. Allo stato delle cose, le evidenze scientifiche sugli effetti della marijuana sull’uomo costituiscono solo uno degli elementi sui quali si sviluppa il dibattito. In particolare, sulle scelte normative le evidenze ‘sperimentali’ lasciano il posto a valutazioni di ordine etico, giuridico, economico e sociale più in generale. Sul complesso di tali valutazioni si muove la politica. La sua capacità di elaborare leggi rispettose della salute, della dignità e della libertà delle singole persone dipende dall’orientamento della società. Credo che chi legge questa rivista possa svolgere un ruolo nell’orientare il dibattito, a livello nazionale e locale. In questo numero abbiamo cercato di dare voce a punti di vista esperti di varia provenienza, con la consapevolezza della parzialità delle nostre scelte. Altri numeri della rivista, altre riviste e fonti di informazione sono a disposizione dei nostri lettori, per completare la propria conoscenza e formarsi una opinione propria.