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Note cliniche sul craving


Dipartimento delle Dipendenze ASS n.1 “Triestina”

Dipartimento delle Dipendenze ASS n.1 “Triestina”

Articolo di 5 pagine in formato pdf

L’individuazione e le continue, ulteriori, scoperte dei meccanismi neurofisiologici coinvolti nei fenomeni di craving riscontrabili nei soggetti affetti da una dipendenza patologica in fase di compenso hanno portato a un radicale riorientamento delle politiche di cura con questa tipologia di pazienti. Infatti, al di là delle numerose e risapute difficoltà cliniche legate alle fasi di aggancio e accoglienza del paziente, di superamento dello stato astinenziale, di svezzamento e di primo compenso, il craving – potenzialmente attivo in soggetti che non assumono la sostanza d’abuso ma che si muovono in ambienti in cui la sostanza stessa è accessibile – rende possibile il repentino, compulsivo, riutilizzo di una sostanza anche dopo anni dall’ultima assunzione. Non basta quindi organizzare sistemi te­rapeutici che affrontino le fasi di acuzie e sub acuzie, bisogna pensare a presidiare anche la fase di mantenimento dello stato astinenziale, cioè quella fase che si protrae nel medio e lungo periodo dai primi due mesi di assenza nell’uso della sostanza. La presa in carico dei pazienti per lunghi periodi è agibile dai servizi pubblici dedicati attraverso la creazione di reti sinergiche, partecipate e complesse, che accompagnino e sostengano, con presidi protratti e stabili nel tempo, le persone prese in carico e il loro nucleo familiare. Obiettivo ultimo della cura non è, quindi, unicamente accompagnare il paziente al raggiungimento dello svezzamento dalla sostanza lenendo farmacologicamente il trauma legato alla crisi di astinenza ma il porre le condizioni affinché questi, consapevole della sua vulnerabilità rispetto alla sostanza, aumenti le sue capacità di resisting al craving specie attraverso la parziale o radicale modifica del suo stile di vita.