Datare la comparsa dei giochi d’azzardo nella storia significa ritornare nell’Egitto, nell’India, nella Cina e nel Giappone del 4000 aC, sebbene vi siano tracce risalenti a epoche persino precedenti. Se i giochi di competizione e quelli di imitazione appartengono anche al regno animale, a tutti gli effetti si parla di gioco d’azzardo come esclusiva peculiarità culturale della specie umana. Prove dell’esistenza di quelli che oggi definiremmo moderni casinò sono rintracciabili nell’antica Roma con le insegne di alcuni locali del tipo “Scommesse e cibo”. Erodoto, sull’origine del gioco pubblico nella cultura etrusca, scriveva della presenza dei giochi dei dadi, degli astragali e della palla già durante il regno del re Atis, figlio di Manes. Nel Medioevo si assistette alla prima demonizzazione del gioco d’azzardo, largamente praticato al tempo. Il gioco dei dadi e la sua origine “diabolica” sono citati in diverse opere letterarie, come “Gargantua e Pantagruel” (1532-34) di François Rabelais. Il filosofo Tommaso Moro propose nella sua celebre “Utopia” (1516) l’estirpazione totale del gioco d’azzardo in ogni sua forma.