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Ripensare la riduzione del danno. Verso un modello operativo per l’autoregolazione dei consumi


Comitato Scientifico di Forum Droghe

Articolo di 6 pagine in formato pdf
La riduzione del danno investe molto di più sulle capacità autoregolative dei consumatori che sul sistema dei servizi. Così affermavano nel lontano 1992 Buning e van Brussel, tra i promotori e studiosi dell’approccio di riduzione del danno (RDD) in Europa, assumendo tanto le evidenze di una già allora vasta letteratura scientifica su modalità e pratiche di controllo e autoregolazione tra i consumatori di tutte le sostanze, quanto il dato empirico, storico, della doppia nascita della RDD, rappresentata da un lato – e prima – dai consumatori di Rotterdam, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, in lotta per l’accesso libero alle siringhe sterili in contrasto alla dilagante epatite B, e – dopo – dalla delibera della Sanità del Merseyside, Regno Unito, che nel 1986 stabilisce la priorità di ridurre i danni droga correlati rispetto all’imperativo dell’astensione. L’accento sulla centralità dell’autoregolazione – sbrigativamente e superficialmente già allora liquidata nel contesto italiano – per Buning e van Brussel indicava chiaramente uno sguardo paradigmatico e un approccio proposti come costitutivi della RDD stessa e profezia dei suoi possibili successi. Insieme, poneva la domanda di quale relazione dinamica, evolutiva potesse instaurarsi tra un sistema di servizi che facesse propri questo paradigma e questo approccio, i consumatori stessi e i contesti sociali in cui il consumo avveniva.